Il Teatro

IL TEATRO

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Il termine dramma deriva dal greco, significa azione  (e per analogia anche “vicenda” e “azione scenica”) e indica qualsiasi componimento destinato alla rappresentazione teatrale.

Ogni forma di recitazione come tragedia, commedia, satira, farsa, melodramma, vaudeville, pochade, operetta, etc. etc., è una manifestazione drammatica. La storia del dramma si identifica dunque con la storia del teatro.

Nel Medioevo forme drammatiche rituali erano i Mystères e i Miracles (Francia); i Misterios (Spagna); i Miracles Plays (Inghilterra), tutte drammatizzazioni rituali di origine religiosa e popolare.

Il teatro profano medievale ha le sue radici nelle feste annuali e stagionali, detti “maggi drammatici” e festa di “Calendimaggio”, che sono, a parere di molti autori, l’origine della Commedia dell’Arte.

Nel ‘500, dall’incontro tra musica e dramma, ebbe origine il Melodramma che, realizzato in seguito sotto varie forme, assunse un significato particolare e indipendente dagli altri modelli drammatici quali la tragedia, la commedia, la farsa etc. etc.

Il dramma italiano, tra Ottocento e Novecento, rappresentò nel palcoscenico soprattutto la vita contemporanea, con i suoi problemi sociali, relazionali e psicologici. Su quest’ultimo punto fu il siciliano Luigi Pirandello a tratteggiare, nelle sue opere di teatro, quasi fino alla esasperazione, il bisogno di analisi interiore e le inquietudini dell’animo umano.

Pirandello ha mostrato quanto capricciosa possa essere la verità, che  manipolata  può apparire sotto vari aspetti, a volte anche contraddittori.

Il gioco della verità e dell’illusione, lo sfaldarsi della realtà e con essa della personalità sono contraddizioni quotidiane che lo scrittore siciliano ha fatto emergere nelle sue opere teatrali  con conturbante meticolosità. 

Il dramma, come approfondimento di analisi e di  situazioni psicologiche e sociali, si trova anche in Gogol, Turgeniev, Cecov, Anouilh, Eliot, O’Neil, T. Williams, Beckett, Jonesco, Sartre, Osborne  e in tanti altri autori.

A partire dal Novecento, scuole altamente innovative come quelle di Grotowski e di Stanislavskij  hanno avuto la tendenza a creare  sempre più una  “intimità” tra attori e spettatori, facendo cadere la barriera tra chi recita e chi guarda, al punto che gli spettatori vengono invitati essi stessi a partecipare alla scena, nella convinzione che l’attività teatrale possa produrre dei  “cambiamenti” sia negli attori che negli spettatori.