IL GARIBALDINO
DI GIUSEPPE PARADISO
ROMANZO EDITO DA AGORA’ (Anno 2014)
PREMESSA DELL’AUTORE
Quella narrata in questo libro è una delle vicende che occorsero a quei giovani idealisti ed entusiasti, intellettuali o analfabeti, stipendiati o senza mestiere, nobili o artigiani, squattrinati o benestanti che, per motivi sentimentali, patriottici, politici o semplicemente per guadagnarsi il soldo o la gloria, s’incamminarono dietro Garibaldi, o si lanciarono nell’avventura risorgimentale, spinti dal carisma e dalle ideologie mazziniane.
Il romanzo racconta vicende accadute durante la formazione dello Stato Italiano unitario, in parte realmente successe e in parte immaginate, anche se, in questo caso, del tutto verosimili.
Nel narrarle, la fantasia ha avuto poco spazio, perché fra gli avvenimenti dei primi decenni dell’Unità, accanto a gesta decisamente eroiche, generose e civili, ci furono anche fatti ignobili, di assurda ferocia, che infangarono quelle che sarebbero dovute essere magnifiche pagine patriottiche.
Un inizio così maldestro e contrastato, pieno di fatti sgradevoli, di falsità, di bassi giochi di potere, di tradimenti e di futili, quanto inutili, contrasti ideologici, influì in seguito sulla impalcatura sociale dell’Unità d’Italia dal 1860 in poi.
Garibaldi, Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele II, e tutti quelli che erano al potere, quello istituzionale e visibile o quello occulto, e non per questo meno determinante, ognuno tirando l’acqua al proprio mulino, cercarono di scalzare gli altri protagonisti, ritenendoli concorrenti e non partner uniti nello scopo comune, come invece sarebbe dovuto essere.
Tutto ciò costruì un’Italia fragile, disillusa, individualista, scettica nei confronti della correttezza statale e della legalità.
L’Italia del primo decennio dell’Unità fu travolta da guerre civili, stragi di stato, corruzioni, violenze, irregolarità giuridiche, e non vi fu alcun rispetto per le popolazioni più povere, soprattutto quelle del Meridione.
Non si badò a creare nella popolazione una cultura sociale, ad insegnare diritti civili, e spronare alla correttezza il buon cittadino. Questo anarchismo, questo lasciar fare, questo scarso senso della legalità, spinsero il popolo ad arrangiarsi, e lo indussero a cercare di aggirare le istituzioni. Tutto ciò fece ignorare il senso civico , non essendoci stata una politica statale ad insegnarlo.
Anzi, furono spesso le istituzioni, con la corruzione, il malcostume, l’illegalità, a dare il cattivo esempio.
Tutto questo ha impedito la crescita del rispetto sociale ed ha contribuito, in centocinquanta anni, a creare un baratro tra Nord e Sud, tra classi ricche e povere.
Conclusa l’Era risorgimentale, purtroppo, coloro che vi avevano contribuito si sentirono traditi dalle false promesse, e per questa ragione si creò una pletora di sbandati e disillusi, che ingrossò le fila della nostra emigrazione all’estero.
Accadde così che giovani e meno giovani, che avevano combattuto per avere una Patria, alla fine da essa furono abbandonati e, andando via dall’Italia, dovettero mettere radici in altre Nazioni.
Giuseppe Paradiso